Il medico legale, nello svolgimento della propria attività professionale, può essere incaricato direttamente da una delle parti o direttamente dall’Ufficio (Tribunale, Procura) per l’elaborazione di una relazione scritta che, di conseguenza, può assurgere il ruolo di consulenza tecnica di parte o di consulenza tecnica d’ufficio.

La consulenza medico legale è uno strumento estremamente utile sia nel processo civile e penale nonché nelle controversie secondo il rito lavoro: in essa, infatti, sono spiegate le cause/concause di un evento, l’illustrazione scientifica della patologia, il nesso causale tra un fatto (un sinistro stradale, un colpo di pistola, un fendente) e la malattia (lesione, ferita, morte) che esso ha provocato.

Nell’ambito del procedimento civile, a norma dell’art. 201 c.p.c., ciascuna parte può nominare un consulente tecnico di parte nel termine fissato dal giudice nell’ordinanza di nomina del CTU; ma ritenendosi che, comunque, si tratti di un termine ordinatorio, la nomina del CTP può essere validamente essere effettuata sino alla data d’inizio delle operazioni di consulenza tecnica.

Il ruolo del consulente di parte, quindi, è quello di coadiuvare la parte e il suo difensore nella comprensione e valutazione degli aspetti tecnici della causa (ad esempio, per ciò che concerne calcoli, perizie, rilievi ingegneristici, operazioni di stima), offrire la propria interpretazione dei fatti che espone, generalmente, in una relazione ed è in grado di svolgere un’attività di controllo sull’operato del CTU, nell’interesse della parte da cui è stato incaricato.

Relativamente all’attività svolta da parte del medico legale come consulente tecnico d’ufficio va precisato che il Codice di rito (libro primo – capo III) inquadra il Consulente Tecnico di Ufficio (C.T.U.) tra gli ausiliari del giudice e dedica alla sua funzione l’art. 61 c.p.c., il quale così recita: “Quando è necessario, il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica”, che, secondo le disposizioni dello stesso art. 61 c.p.c., al comma 2, e dell’art. 13 e ss. disp. att. c.p.c., devono essere normalmente scelti tra le persone iscritte in albi speciali.

La funzione del C.T.U., quando nominato, è, dunque, quella di assistere il giudice nella risoluzione di problematiche di natura tecnica, che si presentino al Giudice allorché le domande formulate dalle parti non consistano esclusivamente nella proposizione di questioni giuridiche, ma vadano decise – in punto di diritto – domande che richiedono altresì una preventiva risoluzione di questioni tecniche.

In tali circostanze, quando il Giudice ne ritiene necessaria la nomina, la funzione del C.T.U. è quella (art. 191, comma 1, c.p.c.) di dare risposta, utilizzando la propria specifica competenza tecnica, ai quesiti che il giudice gli pone nello stesso provvedimento di nomina.

L’attività del C.T.U. è disciplinata dall’art. 62 c.p.c., il quale spiega che il consulente “… compie le indagini che gli sono commesse dal giudice e fornisce, in udienza e in camera di consiglio, i chiarimenti che il giudice gli richiede a norma degli artt. 194 ss.
L’attività del C.T.U. sfocia nella redazione della relazione finale scritta e nel suo deposito in cancelleria nel termine accordatogli dal giudice, seguendo l’iter tracciato dall’art. 195 c.p.c.

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